Storia e ricetta delle cannazze di Calitri

Carmine Cicinelli

Carmine Cicinelli

Cannazze

Da piatto per gli sposalizi ad irrinunciabile must del pranzo domenicale, tutti pazzi per le cannazze al ragù calitrano, rigorosamente serviti nella spasetta. Storia e evoluzione di un vanto gastronomico irpino: le cannazze di Calitri.

Quasi quattro secoli fa, nel 1749, comparirono davanti alla chiesa di San Canio, protettore del paese, delle distese di canne sormontate dalla pasta fatta a mano, messa lì per asciugare al sole di Calitri. Era nato il primo pastificio del paese, ma soprattutto erano appena state inventate le cannazze. Maccheroni lunghi, molto lunghi, che presero il nome proprio dallo strumento utilizzato per l’essiccazione.

Oggi le cannazze sono i classici mezzani, detti anche mezzi ziti, che vengono rigorosamente spezzati a mano, attraverso quattro spezzatòre (da cui si ricavano 5 pezzi), all’interno di un recipiente che raccolga anche le schegge residue di pasta. Condite con un ragù speciale fatto soprattutto con la famosa vrasciola ed arricchita dal formaggio grattugiato.

braciola vrasciola calitrana
La vrasciola calitrana

Quello che è diventato il simbolo culinario del paese dell’Alta Irpinia, oggi prodotto PAT secondo la Regione Campania, ha una storia lunga ed interessante. Per lungo tempo le cannazze hanno rappresentato il piatto principale degli sposalizi, ossia dei ricevimenti che seguivano ai matrimoni in cui gli invitati finivano per sponzarsi, ossia bagnarsi di sudore per l’eccessiva frenesia, per il troppo ballo (per chi è interessato ad approfondire l’argomento suggerisco di partecipare allo Sponz Fest, l’evento curato da Vinicio Capossela che si svolge ogni anno a Calitri nel mese di agosto).

Le cannazze venivano consumate soltanto ai matrimoni per due motivi. Innanzitutto perché la pasta secca era considerato un lusso (in casa si consumavano cinguli, tagliatelle e nelle occasioni speciali i ravioli), per cui si riservavano le cannazze ad occasioni importanti come gli sposalizi. Inoltre, numerosi simbolismi legano i matrimoni alle cannazze. Innanzitutto lo sposo e la sposa sono detti in dialetto calitrano zito e zita, come il formato di pasta (tra l’altro le zite, ossia le ragazze da marito ancora non sposate, erano quelle incaricate di spezzare la cannazze per la famiglia, in quanto ritenute più libere dagli impegni). Poi l’abbraccio tra la carne di vitello e il suo ripieno che costituiscono la vrasciola è paragonato a due sposi che si stringono l’uno all’altro dichiarandosi amore. Perfino lo spago che lega la stessa vrasciola richiama le stelle filanti (r’ zacaregghie) con cui gli sposi vengono stretti durante il ballo r’ l zit’.

Oggigiorno le cannazze al ragù rappresentano l’inscalfibile trave attorno a cui gira il classico pranzo della domenica calitrana. L’importanza del condimento è fondamentale. Il ragù fatto di salsa di pomodoro e formaggi, ha visto l’introduzione della carne di vitello dopo che un tempo, considerata la minore disponibilità di quest’ultima, le massaie calitrane utilizzavano la carne di gallina, per un piatto che veniva chiamato cannazze e cuta cuta, dal suono onomatopeico che veniva utilizzato per richiamare le galline nel pollaio.

Uno degli ingressi del Borgo Castello di Calitri

Molte cose insomma sono cambiate nell’evoluzione del piatto dalle origini ai giorni nostri. Ma un elemento, forse il più caratteristico, è rimasto inalterato nei secoli, la spasetta. Si tratta delle caratteristiche zuppiere, figlie dell’importante tradizione calitrana nel campo della ceramica, in cui le cannazze al ragù vengono servite in tavola, in un quantitativo sempre molto abbondante. La ragione è che ogni commensale deve prelevare la sua porzione (spesso e volentieri anche più di una), versandola direttamente nel proprio piatto con l’apposita cucchiareglia. Un atto di condivisione che ricorda il modo in cui si mangiava in famiglia nei tempi passati.

Questa peculiare modalità di servire la pasta in tavola non cambia nemmeno al ristorante. Anzi, per gli avventori delle numerose osterie calitrane, il fatto di veder arrivare a tavola le cannazze nella spasetta miezz’o tavolino anziché nel piatto è un motivo in più per godersi a pieno il momento.

Un piatto che è una istituzione, insomma. Nonostante nessun altro al mondo riuscirà a farlo buono come i calitrani, vi scrivo comunque la ricetta delle cannazze al ragù:

INGREDIENTI:

  • Mezzi ziti (1 kg.)
  • Fettine di vitello (10)
  • Nervetti o altre parti grasse del vitello (300 gr.)
  • Pecorino grattugiato (150 gr.)
  • Parmigiano grattugiato (150 gr.)
  • Olio (60 gr.)
  • Sugna
  • Alloro (2 foglie)
  • Cipolla (1)
  • Salsa di pomodoro (1,5 l.)
  • Vino bianco
  • Aglio
  • Prezzemolo
  • Sale
  • Pepe
  • Peperoncino (opzionale)

PREPARAZIONE:

  • Come prima cosa occorre preparare le vrasciole: disporre le fettine di carne su un ripiano, cospargerle leggermente di sugna. Inserire all’interno pecorino, sale, pepe, prezzemolo e aglio tritati. Avvolgerle su se stesse e legarle con dello spago (o eventualmente fissarle con degli stuzzicadenti o gli appositi spiedini d’acciaio)
  • Passare alla preparazione del ragù: soffriggere la cipolla in un mix di olio e sugna. Quando si è imbiondita si può anche togliere la cipolla, prima di mettere le vrasciole a rosolare insieme all’alloro. Quando il fondo si è ritirato, sfumare con il vino bianco. Mettere da parte le vrasciole e versare la salsa di pomodoro con l’olio nella pentola. Aggiustare di sale. Dopo circa 10′ di cottura, rimettere le vrasciole, aggiungere i nervettic, abbassare al minimo la fiamma e cuocere il ragù per almeno 4 ore.
  • Intanto preparare le cannazze: spezzare i mezzani in 5 parti, avendo cura di farlo in un contenitore: questo consentirà anche ai residui di mezzani di essere raccolti
  • Quando il sugo sarà ultimato, cuocere la pasta in abbondante acqua salata, rispettando i tempi di cottura. È importante durante la cottura girare in continuazione le cannazze per non farle attaccare l’una all’altra. Scolare molto bene la pasta e versarla in un recipiente ampio, possibilmente una spasetta calitrana.
  • Aggiungere alla pasta una metà dei formaggi grattugiati e metà del ragù, amalgamando bene il tutto. Ricoprire nuovamente con il restante formaggio e ragù.
  • Servire bollente.
  • Consiglio: di rigore la scarpetta finale, in quanto col pane (calitrano, ovviamente), insieme alla salsa si raccoglieranno anche i residui di pasta derivati dalle spezzatore delle cannazze!