Irpinia svelata: Torre Le Nocelle

Carmine Cicinelli

Carmine Cicinelli

Torre Le Nocelle - Stemma

Il tempo non promette bene. Ma di questi tempi, considerata la neve di fine di aprile, non mi posso formalizzare troppo. Ho deciso di andare a scoprire un altro dei paesi d’Irpinia meno noti. Di svelarlo nella mia usuale formula: un giorno qualsiasi della settimana, senza accordarmi con nessuno, aiutato solo da coloro che incontro per caso. È il turno di Torre Le Nocelle. Un paese a due passi da Avellino, nella Valle del Calore. Per accedere al paese si prende la Statale delle Puglie e si svolta per una delle numerose vie di accesso al paese, che vanno dall’area PIP di Montemiletto fino al bivio per Taurasi.

Torre Le Nocelle

Nel mio caso parto da Campoceraso, più o meno all’altezza dell’imbocco per Mirabella Eclano. Lascio la “nazionale” per solcare un’agevole via di campagna che punta la Contrada Felette. Mentre le percorro quelle stradine sembrano volermi ricordare che mi trovo in un centro rurale importante, dove fatica e sudore da sempre sono il pane quotidiano di contadini e allevatori locali.

Tutto quel verde, fatto di un numero impressionante di ulivi, qualche vigna di aglianico e sparuti noccioleti di Camponica, intervallati da foltissime aree boschive, mi fanno pensare che sia proprio la parte rurale il genius loci di Torre Le Nocelle. D’altronde, nelle 13 contrade che compongono il territorio comunale, vivono la maggior parte degli abitanti del luogo. Ed è da qui che comincia il mio percorso.

Il declivio che scende verso il Calore. Dall’altra parte c’è Taurasi

Mentre punto il centro del paese, attirano la mia attenzione dapprima un mini-caseificio (per autodefinizione) che sembra avere tutti i crismi che mi piacciono (animali, fattori al lavoro, enormi balle e un piccolo punto vendita giusto dietro la casa di campagna) e poi il panorama alla mia sinistra.

Qui scorre il fiume Calore, in una verdeggiante valle in cui si distinguono bene le due collinette che scendono giù fino al livello del fiume. La jumara, la chiamano qui. Nella zona di Felette scorgo la Chiesa della Madonna di Montevergine, una costruzione piuttosto moderna, che purtroppo è in fase di ristrutturazione interna. Dall’esterno si ammira l’ampia e luminosa area su cui insiste un centro polifunzionale con giochini per bambini e una invitante area picnic.

Chiesa di Montevergine
Chiesa della Madonna di Montevergine

Più avanti una deviazione è d’obbligo per raggiungere un’altra chiesetta rurale. Di altro stile, ma anch’essa opera di ristrutturazione (sia interna che esterna): la Chiesa della Madonna delle Grazie, nell’omonima contrada. Perciò non Vi posto la foto, in attesa di tornare e ammirarla senza impalcature…

Arrivo dunque prima del previsto in Piazza Vittoria, luogo simbolo di Torre Le Nocelle. In pochissimi metri quadri insistono i luoghi del cuore dei torellesi. A partire dall’imponente obelisco che ricorda i caduti torresi delle due guerre mondiali e che anticipa uno strepitoso belvedere. Dall’ampia terrazza che si volge verso il Sannio, la vista spazia a oltre 180°, aiutata dal potente binocolo impiantato al centro della terrazza stessa.

Accanto, il palazzo Penna e poi una serie di costruzioni di stile differente, a formare una corona di abitazioni che rappresentano il nucleo centrale del paese.

Dal centro si aprono tanti vicoletti, il principale dei quali, in un declivio piuttosto ripido, porta alla vera attrazione della zona: il Santuario di San Ciriaco Diacono e Martire. Una chiesa dalla facciata semplice, con gli interni caratterizzati da una navata sola e i colori tenui e insolitamente caldi del pulpito e di tutte le parti in legno. Mi colpiscono da subito il crocefisso e la statua dell’Addolorata che quasi sbarrano uno degli accessi, nonché la cappellina con il sangue del patrono torrese, ubicata sulla destra, in prossimità dell’altare.

La reliquia, mi spiega una signora incuriosita dalla mia presenza, è la protagonista di una novena che avviene alla vigilia dell’8 agosto, giorno in cui il paese di affolla per la Festa di San Ciriaco. La chiesa invece è frequentata tutto l’anno, con pellegrini che arrivano da tutto il mondo per le benedizioni del suo Parroco esorcista, don Michele Bianco.

La reliquia del sangue di San Ciriaco

Uscendo, è quasi naturale continuare il percorso in discesa, verso il nucleo di case più vecchie. Nascoste dal Santuario e avviluppate attorno ad un saliscendi senza soluzione di continuità, il rumore più forte è quello del vento che sferza le palazzine, le cancellate, le balaustre. Non c’è nessuno qui. È come essere entrati in un’altra dimensione, quasi in un borgo fantasma.

Il silenzio è rotto da una voce che mi giunge da lontano: “Qui tornano solo per San Ciriaco, l’8 agosto”. È l’esordio di Enrico, che dall’uscio dell’unica casa abitata mi invita ad entrare. Davanti ad un buon caffè, Enrico mi racconta la sua storia e quella di questo centro storico. Nessun terremoto (d’altronde Torre Le Nocelle fu un comune tra i meno colpiti). Nessuna ricostruzione fuori sito, come altrove.

Torre Le Nocelle soffre di uno spopolamento progressivo e silente che ha di fatto desertificato il centro storico. Un fenomeno piuttosto comune in Irpinia, e al Sud in generale, conseguenza dell’emigrazione. Chi cerca lavoro al Nord o all’estero finisce per rimanervi. E col passare del tempo l’affezione per il luogo d’origine, che intanto è diventato il paese natale dei propri genitori o addirittura dei propri nonni, si affievolisce. E tornare in questi luoghi rimane un rituale doveroso ma occasionale, niente più. Ad oggi qui vivono solo un paio di affittacamere, supporto ai pellegrini che si recano speranzosi al Santuario di San Ciriaco, specie durante il periodo estivo.

BORGO

Saluto Enrico con i migliori auguri e proseguo. C’è ancora da vedere il nucleo centrale del paese. Quello che si apre alle spalle del bel campanile del Santuario. Una imponente torre con cupola a forma di cipolla che caratterizza lo skyline del paese e rende Torre Le Nocelle particolarmente riconoscibile a distanza. Nonostante ufficialmente sia il campanile di San Ciriaco, esso si trova a tutt’altra altitudine e a distanza di qualche decina di metri dal Santuario stesso. Dietro al campanile un piacevole, breve percorso a piedi mi disvela un nucleo di case antiche e moderne, con molti portali e qualche dettaglio interessante.

Veduta campanile del Santuario
Campanile del Santuario di San Ciriaco

Manco a dirlo, ricomincia a piovere. Torno all’auto per uscire dal centro e ritornare nelle campagne. L’alternanza di boschetti e case sparse rifà la sua comparsa. Passando per la località Viticeto, abitata, stando ai reperti, già in epoca preromana, passo nei pressi di una piccola e ben tenuta cappella. È la Chiesa della Madonna del Rosario, una costruzione minuscola, che appare come una cappella rurale, ma che di fatto è insolitamente incastonata tra un campo di calcio e qualche abitazione in costruzione. È la mia ultima tappa.

Chiesa del Rosario
Chiesa del Rosario

La mia giornata a Torre Le Nocelle si conclude qui. Un paese fatto di contraddizioni: le enormi campagne e il minuscolo centro urbano, i turisti da tutto il mondo che affollano gli affittacamere e un centro storico deserto, il lavoro che i torresi continuano a cercare altrove e le ampie distese di terra da coltivare con l’aglianico, le nocciole, gli uliveti di qualità.

E intanto ripenso anche all’episodio che secondo la tradizione è alla base dell’etimologia del nome: la Turris Nocellarum era la grossa torre (oggi campanile), riempita di nocciole locali, attorno a cui il popolo si strinse durante la guerra, cibandosi insieme e proteggendosi a vicenda, finché le ostilità non terminarono. Coesione e sacrificio, per rinascere insieme. Che è quello che mi auguro per il futuro di Torre Le Nocelle.