L’Irpinia svelata: San Sossio Baronia

Carmine Cicinelli

Carmine Cicinelli

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Voglio inaugurare un ciclo, con cui vi porto alla scoperta dei paesini più caratteristici ma anche più nascosti d’Irpinia. Poche semplici regole: un giorno qualsiasi della settimana, senza accordarmi con nessun esperto del luogo, informazioni solo da persone comuni, trovate per caso. Cominciamo con San Sossio Baronia.

La Baronia di Vico è un luogo incantato, in cui il tempo sembra essersi fermato. Silenziosamente incastonata tra le colline ammantate di grano, si trova a cavallo dell’Appennino, tra Valle Ufita e la parte alta del fiume Calaggio.

una stradina periferica di San Sossio

San Sossio Baronia è uno dei nove comuni che ne fanno parte. Il suo territorio è stretto tra paesi dalle grandi tradizioni, dai prodotti gastronomici famosissimi, con castelli, palazzi monumentali, aziende famose. San Sossio non è nulla di tutto ciò. È un paese di collina, dalla storia antichissima, preistorica, romana e post-unitaria, che conserva dignitosamente la sua identità, fra tradizioni, rituali e preziose gemme monumentali da raccontare.

Partito di buon mattino, preferisco prendere la Statale 7bis verso Foggia, più panoramica dell’anonima Autostrada dei due Mari. Giungo al bivio di Flumeri, svoltando verso il cuore della Baronia. La salita è erta. Mi accompagnano balle di paglia appena confezionate, uliveti e frutteti e, verso la fine del viaggio, le immancabili pale eoliche sullo sfondo.

Grano, vegetazione e... pale eoliche

Decido di inoltrarmi prima nella zona periferica del paese. Perchè oltre ai punti d’interesse nel centro del paesino, una delle cose che sorprende di San Sossio è la presenza di importanti testimonianze nelle sue contrade rurali (in certi momenti mi è venuta in mente Oscata). Nella località Bagni insiste qualche reperto antico che non è facile trovare avventurandosi da solo: selciato romano, antiche terme e conchiglie fossili non pervenute.

Prima di arrivare in Contrada Civita (uno stradone di campagna che sconfina in Puglia), passo per San Leonardo, una frazione formata da una piccola comunità a sé stante. Che in quanto tale, da che mondo è mondo, necessita della sua Chiesa. La devozione di questo posticino, dal panorama entusiasmante e gli abitanti distribuiti in case sparse, è ovviamente per il Santo che dà il nome alla zona. La vecchia chiesa dismessa ha lasciato il posto ad una costruzione meno suggestiva, ma di certo più funzionale (e per certi versi che ricalca quella antica). “L’abbiamo innalzata 10 anni fa in sostituzione di quella vecchia“, mi comunica uno signore dai baffoni ante litteram, la doverosa paglietta sul capo e il torso nudo. Poco più avanti la vecchia chiesa dedicata a San Leonardo, l’edificio più spartano che abbia visto in vita mia, e perciò molto interessante.

Per non sconfinare in Puglia, torno indietro, ma prima di arrivare in paese, San Sossio Baronia ha ancora molto da mostrare. In primis il bel Mulino del Ponte, ristrutturato piuttosto di recente, è un classico esempio di mulino ad acqua che ricorda l’antica tradizione della macina del grano, molito dalle acque del Fiumarella.

interno del Mulino del Ponte

Adiacente al mulino un tempietto in onore di San Michele Arcangelo, preludio alla scoperta più sensazionale della giornata. Salendo nella contrada Montemauro, si arriva al bivio di un sentiero dedicato al Santo, ma soprattutto al Santuario di San Michele Arcangelo, su una collinetta che domina la zona circostante, a partire dalla pineta adiacente. La chiesa, preceduta da un grosso campanile fuori sede, è chiusa (sembra apra 2 volte all’anno, a maggio e settembre, per venerare il santo), ma accanto ad essa c’è la Scala Santa. Un tempio risalente al 1930 che dimostra con grande evidenza (se il sentiero dedicato, i tempietti e il Santuario non l’avessero chiarito) tutta la devozione del popolo sossiano per l’Arcangelo Michele, rafforzata da una storia (o leggenda) davvero terrificante, di cui un giorno vi riferirò nello specifico.

La Scala Santa ha un ingresso fronte strada, sul lato sinistro del Santuario, ma si sviluppa verso il basso, lungo il crinale scosceso della collinetta. La lunghezza del tempio è completamente scandita da una ripida scala, che ha un versante per salire ed uno per scendere, divisi da un corrimano. In fondo, un tempietto semplice ma davvero emozionante, dedicato al Santo, nel quale è custodita una croce scolpita naturalmente in una pietra. Attorno a questo cimelio il popolo sossiano ha eretto la Scala Santa, nella quale dar vita a riti devozionali e recitare antiche litanie.

Tornando indietro, tra croci in ferro sul ciglio della strada e panorami mozzafiato sullo sfondo, raggiungo il centro del paese, dove l’abitato è annunciato dalla CruciNova (o Croce nuova), una grande croce in pietra su un piedistallo che sovrasta via Piani, la via principale del Paese. E’ proprio su via Piani che insiste la Chiesa di San Francesco e che prelude alla fontana delle tre cannelle, il monumento simbolo del paese, formata da tre volti dalle diverse espressioni che sputano acqua in altrettante piccole vasche, nonché da un antico lavatoio laterale.

La CruciNova che sovrasta via Piani

La fontana si apre su una piazzetta, un luogo focale e strategico della storia di San Sossio. Prima che si espandesse urbanisticamente nei primi decenni del ‘900, San Sossio Baronia era un centro ancor più piccolo e raccolto di quanto appaia oggi. Quella piazzetta, ricca di numerose e importanti attività commerciali era il cuore del paese. Qui i sossiani trascorrevano le loro giornate prima di tornare a casa nella Costa, oggi dedalo di viuzze che rappresentano il centro storico del paese, poco abitata ma molto suggestiva per la particolare conformazione delle strade, che, partendo dalla bella torre colombaia, si sviluppa attraverso corti, scalinate e fabbricati in pietra. Camminata faticosa, ma che vale la pena fare. Perché in quei vicoli, tra via Costa, via Strettoio e via Titolo – anche grazie ai racconti di Pasquale – ho immaginato per un attimo la vita dei sossiani un secolo fa, con gli slarghi adibiti a sale comuni e i ballatoii in perenne comunicazione tra loro, in un viavai perenne con la zona bassa, quello che oggi si direbbe centro commerciale naturale, dove giungevano da tutta la Baronia.

Affaticato ma non domo, sono arrivato a Santa Maria Assunta, vale a diredietrolaChiesa. Questa espressione, utilizzata ancora oggi dagli abitanti locali, lascia intendere come un tempo l’ingresso principale fosse rivolto verso la Costa, ossia sul lato opposto a quello in cui si trova attualmente. Dopo il terremoto del 1930, con la ricostruzione e l’allargamento dell’abitato verso l’attuale Piazza Mercato, il portale d’ingresso di Santa Maria Assunta venne ricostruito sul versante dove si trova ancora oggi.

facciata chiesa madre santa mari assunta
La Chiesa Madre di Santa Maria Assunta, con l’attuale ingresso, su Piazza Mercato

Il caldo infernale di questi giorni mi consiglia di congedarmi da San Sossio Baronia, quello che per me è diventato il paese delle croci vista la loro spropositata presenza. Mi congedo acquistando dei latticini, uno dei vanti gastronomici locali assieme alla pasta fresca, alle ottime carni, all’olio e naturalmente al grano della Baronia. Conto di ritornarci, stavolta magari con una guida locale, per scoprire le vestigia romane, i fossili, le grotte, ma anche la postazione di birdwatching.

Insomma tutto quanto di sorprendente c’è in questo piccolo, grande comune irpino.