La Grande Tirata del Carro di Mirabella Eclano: devozione, tensione e meraviglia

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Carmine Cicinelli

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Ogni anno, nel cuore di settembre, Mirabella Eclano diventa teatro di uno degli eventi più spettacolari e identitari dell’Irpinia: la Grande Tirata del Carro. Non è soltanto una festa popolare, né semplicemente una processione religiosa: è un rito collettivo che unisce fede, fatica, arte e appartenenza, come un tatuaggio inciso sulla pelle di ogni mirabellese.

Quando mi sono trovato davanti al carro, ho avvertito immediatamente che quello non era un semplice manufatto artistico. Quell’obelisco di paglia intrecciata, alto oltre 25 metri, sembrava un gigante fragile, sospeso tra cielo e terra, eppure profondamente radicato nella comunità che lo ha costruito. Le mani degli artigiani, la forza dei funaioli, l’attenzione dei timonieri, lo sguardo dei bambini che partecipano al rito sono doni intimi, la personale offerta che ogni mirabellese affida alla Madonna Addolorata per tenere in vita questa antica tradizione.

Il ciclo della festa comincia con la mietitura: è lì che nasce la paglia che diventerà intreccio decorativo. L’8 settembre avviene il trasporto del carrettone e, nel terzo venerdì di settembre, si conclude l’assemblaggio della struttura. Ma è il sabato (immancabilmente il terzo di settembre), giorno della Grande Tirata, che tutto prende corpo.

Carro con capofune

Ho vissuto l’attesa della partenza, sulla collina di Santa Caterina, come un emozionante preludio che culmina, dopo le parole di rito e la benedizione, nel primo flebile movimento a cui sarebbero seguite oltre 5 ore di festa e fatica. Quando il carro inizia a muoversi lo spettacolo è imponente: le sei coppie di buoi trainano l’obelisco, ma ciò che mi ha colpito maggiormente è il popolo delle corde. 32 funi, equamente divise sui quattro lati della macchina da festa. Ho visto uomini, donne, ragazzi e bambini stringersi alle funi, diretti dal proprio capofune, mentre i timonieri, dall’alto del primo registro, controllavano ogni scarto, ogni oscillazione, ogni impercettibile passo anomalo dei buoi.

Il percorso è lungo all’incirca due chilometri e si sviluppa in discesa, verso il cosiddetto Borgo. Ci sono tratti in cui la tensione si fa palpabile: i momenti più impervi, quando la mole del carro sembra premere con più forza, trattengono il respiro di tutti. Poi, all’arrivo in piazza, la liberazione: i buoi vengono sciolti e benedetti, ringraziati come compagni di viaggio. Io stesso, in quell’istante, ho provato un senso di gratitudine collettiva che andava oltre le parole.

Ho vissuto la Tirata del Carro di Mirabella Eclano con un perenne senso di vertigine emotiva. Migliaia di persone assiepate lungo le strade, il frastuono della folla, il ritmo alterno tra spinta e resistenza: ogni fase del percorso è un’altalena di tensione e liberazione. In questo intreccio di sacro e popolare, ho sentito il cuore del rito. La Madonna Addolorata che sovrasta l’obelisco non è solo un simbolo religioso, ma il fulcro che tiene insieme devozione e festa, raccoglimento e convivenza.

Le radici della storia

Le origini dell’obelisco si perdono nel tempo, ma la tradizione racconta che nacque come ex-voto dei contadini per un raccolto abbondante. Nel 1869 Stanislao Martini introdusse il concetto di obelisco in stile barocco, nel 1887 Prisco Alfonso Capodanno portò elementi rinascimentali e negli anni Venti Luigi Faugno disegnò il modello che vediamo ancora oggi.

Proprio Faugno scrisse il Mentario, il manuale che codificò materiali e tecniche di montaggio, e che ancora oggi garantisce la continuità della tradizione. Vedere all’opera i suoi discendenti, ossia Giotto Faugno e la bottega di famiglia, mi ha fatto capire quanto la trasmissione di saperi sia parte integrante del rito, tanto quanto la Tirata stessa. Va in tale direzione la nascita della Fondazione “Il Carro di Mirabella”,che dal 2024 si occupa di custodire e rilanciare questa eredità, con l’ambizione del riconoscimento UNESCO.

Le enormi ruote del carro, in perenne bilico

La Tirata di Mirabella Eclano è l’ultimo tassello del ciclo stagionale dei riti del grano in Irpinia. Ogni paese — da Fontanarosa a Flumeri, fino a Villanova del Battista e Frigento — custodisce la propria variante di questa tradizione antica. Ma Mirabella resta il luogo dove il rito assume un carattere particolarmente conviviale e corale, caotico ed adrenalinico, trasformandosi in un’esperienza che va ben oltre la semplice osservazione.

Timonieri sempre all’erta

La Grande Tirata del Carro di Mirabella non è solo un evento da ammirare: è un’esperienza che ti entra dentro. La polvere della strada attaccata addosso, il muggito dei buoi che si mescola alle grida dei funaioli, l’abbraccio stretto della folla che spinge insieme, si agita per le forti oscillazioni, esulta per il compimento del rituale. Tutto ciò non consente di derubricare questo evento al semplice concetto di “festa”. Questo intreccio di sacro e popolare, di tensione e liberazione, rende la Tirata unica. Un simbolo evidente della forza delle comunità irpine, capaci a Mirabella di trasformare il grano in arte, la fatica in rito, la tradizione in futuro.