L’Irpinia svelata: Sturno

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Carmine Cicinelli

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Un’altra scorribanda nel cuore dell’Irpinia, questa volta a Sturno. La formula è sempre la stessa: un giorno feriale scelto a caso, senza appuntamenti con esperti, affidandomi solo alle indicazioni dei passanti. L’obiettivo? Scoprire i paesi d’Irpinia attraverso l’esperienza diretta e dalle voci di chi li vive ogni giorno

Per raggiungere Sturno, situato in quella zona di confine tra il Medio Calore e la valle dell’Ufita, si possono seguire due percorsi. Uno passa per Mirabella Eclano per poi piegare a sud, mentre l’altro, attraversando Chiusano, lambisce Paternopoli e Gesualdo, per giungere nel cuore del paese.

Arrivo e parcheggio di fronte alla Chiesa di San Domenico e San Francesco, accolto da due sensazioni immediate: la quiete assoluta e la sorprendente pulizia delle strade. Pochi metri bastano per immergersi in un concentrato di storia che offre subito gli indizi necessari per decifrare l’identità del luogo.

La chiesa, di costruzione moderna, si affaccia su un ampio sagrato che funge da agorà, da cui si possono ammirare alcuni degli edifici più rappresentativi del paese. Tra questi, il Palazzo Baronale Grella, imponente struttura su due livelli, con eleganti balconate in ferro battuto bianco che spiccano sul rosso aranciato delle pareti e un portale incorniciato da due colonne dal design peculiare. Una testimonianza di storia e nobiltà.

Palazzo baronale Grella

Proprio di fronte, un parco imponente lascia intuire la maestosità del giardino interno, purtroppo non visitabile. Chiedo informazioni al signor Michele, che passeggia con il suo cane: mi conferma che l’accesso è vietato, sia perché privato sia perché interessato da lavori di restauro. Anche dall’esterno, però, si percepisce la bellezza del giardino all’inglese e la varietà botanica. Un vero peccato non poterlo esplorare!

Sul lato opposto della grande piazza, Palazzo De Juliis, elegante dimora ottocentesca, ricorda il passato agricolo del borgo: un tempo ospitava un frantoio, simbolo dell’antica vocazione olivicola di Sturno. Poco distante, la Fontana ‘re la Chiazza, risalente al 1870, conserva intatta la sua struttura originaria, come testimoniano le foto d’epoca sparse per il paese. Attraversando la strada scopro un altro palazzo storico, non segnalato ufficialmente: si tratta del Palazzo Grella-Vicario, probabilmente dal nome dei vecchi e nuovi proprietari. Colpisce l’ingresso, con un portale sormontato da un incantevole balcone caratterizzato da un parapetto con magnifiche colonne in marmo.

Il palazzo Grella – Vicario

Passeggiando tra questi edifici, si percepisce che, pur essendo antichi, raccontano una storia relativamente recente: Sturno ottenne l’indipendenza da Frigento solo nel 1809, su concessione di Gioacchino Murat. In tutto il paese si vive quest’aura di passato relativamente recente. Perché, come mi spiegherà il gentilissimo signor Michele Grella, dall’alto del suo balcone in rifacimento, i beni locali sono stati fortemente danneggiati dai terremoti, specie quello del 1980. E questa verità si manifesterà chiaramente poco più avanti.

È il momento di una pausa caffè. Entro nel Lux Café di Ciro, forestiero diventato sturnese per amore. Di giorno bar, di sera friggitoria e pizzeria nel weekend, il locale offre un ottimo caffè e l’occasione di ascoltare l’interessante punto di vista di un salernitano di stanza a Sturno. Saluto Ciro e raggiungo un altro luogo pieno di storia: è il secondo punto nevralgico del centro del paese, Piazza Aufiero. Inventore del clacson e benefattore della comunità, John Michele Aufiero, pur avendo vissuto a lungo negli Stati Uniti, non dimenticò mai le sue radici. Il palazzo che porta il suo nome, da lui finanziato ed inaugurato nel 1937, ospita la Scuola Elementare e rappresenta uno degli esempi più significativi di architettura fascista in Irpinia.

La piazza è un’ampia curva a gomito, impreziosita da un’ordinata fila di lecci che incorniciano Palazzo Ciampo e il Monumento ai caduti. Ma il punto focale è la Chiesa di San Michele, dedicata al protettore del paese. Qui mi tornano in mente le parole del signor Michele: osservando le foto storiche, noto quanto l’edificio sia cambiato nel tempo. Dell’antica chiesa resta solo l’idea del doppio campanile, mentre il resto è stato completamente ricostruito. Ciononostante, meraviglioso il portale bronzeo col bassorilievo raffigurante le gesta dell’Arcangelo.

Tra le curiosità della piazza spicca il Monumento alla Musica: una fontana con due bocche d’acqua, una decorata con una chiave di violino su un pentagramma, l’altra con l’effige di un maestro d’orchestra. Al centro, una scultura raffigurante un’arpista. Un omaggio alla prestigiosa tradizione musicale di Sturno, che nel ‘900 vantava uno dei concerti bandistici più rinomati d’Italia.

Mi sposto in periferia. Poco fuori dal centro, merita una visita la Fontana Tetta, un complesso di tre vasche un tempo fulcro della vita del paese, oggi immerso tra ulivi, alla base di un sentiero che ripercorre un tratto dell’antica via Appia. Una piccola oasi che preannuncia l’ingresso al paese.

Ancora più suggestiva è la Cappella della Madonna della Neve, situata nella contrada omonima a nord-ovest del paese. La piccola chiesa, immersa in un bosco sovrastante il Castagneto (dove sorgono importanti impianti sportivi), custodisce una recente riproduzione dell’antico quadro della Madonna, un’opera che mi ha sinceramente emozionato per la sua forza espressiva. Poco distante, il Belvedere Cappella regala un panorama mozzafiato che spazia fino all’Abruzzo.

Concludo la mia visita in Municipio. Qui, all’anagrafe, il signor Rezziero mi racconta delle tradizioni, dei piatti tipici e di spopolamento, oltre che di emigrazione (Glen Cove, cittadina dello Stato di New York, ospita una nutrita comunità di emigrati sturnesi).

È ora di tornare a casa. Sebbene non sia riuscito a visitare dall’interno nessuno dei monumenti, lascio Sturno con una sensazione positiva. Non il classico borgo medievale dall’antico fascino, ma una realtà diversa: più moderna, funzionale, pragmatica. Una cittadina che ha saputo rinascere dopo il terremoto, che ha trovato un’identità nello sport e che ospita una piccola comunità venezuelana, confermando l’impressione di un luogo aperto e accogliente. Sturno ha un’anima particolare, con un’architettura lineare che la dipinge come un paese che non sembra appartenere al Meridione d’Italia. Un paese non campano, addirittura può sembrare una realtà estera. Eppure Sturno è un paese che resta fedele alle caratteristiche più autentiche dell’Irpinia: l’ospitalità, la bellezza paesaggistica e le radici contadine. Un altro tassello da scoprire, con un consiglio: organizzare la visita in anticipo con l’affidabile Pro loco o il Municipio: sono certo vi si apriranno tutte le porte, in nome dell’innegabile amore degli sturnesi per il proprio territorio.

Il Belvedere in località Cappella